Ancora IRAP: analisi ragionata della giurisprudenza fin qui osservata
La sentenza della Corte di Cassazione n. 9790, depositata ieri, 7 maggio 2014, dimostra una volta di più la necessità che, sulla questione dell’assoggettamento ad IRAP dei professionisti e dei piccoli imprenditori, i decreti attuativi della L. 23/2014 (delega per la riforma fiscale) intervengano al più presto.
In particolare, i giudici hanno affermato che l’impiego non occasionale di lavoro altrui deve ritenersi di per sé integrativo del requisito dell’autonoma organizzazione, non rilevando che la struttura posta a sostegno e potenziamento dell’attività professionale del contribuente sia fornita da personale dipendente o da un terzo in base ad un contratto di collaborazione.
In presenza di detta condizione, infatti, sussiste comunque una struttura organizzativa a rilevanza esterna, che richiede il coordinamento dei diversi fattori produttivi da parte del professionista, in modo tale da assorbire e rendere superflua la valutazione complessiva degli altri fattori e del valore dei beni strumentali complessivamente impiegati.
Pertanto, l’avvalersi di un dipendente ovvero di un collaboratore non occasionale integra di per sé il presupposto impositivo.
Dunque, dopo quello registratosi con la sentenza n. 7609 depositata il 2 aprile 2014 (si veda “IRAP professionisti, dietrofrontdella Cassazione sull’impiego di personale” del 3 aprile 2014), un nuovo ritorno al passato, che richiama alla mente le pronunce dei primissimi “IRAP day”, come, ad esempio, la n. 8971 del 16 aprile 2007, nella quale si legge che, ai fini della configurabilità di un’autonoma organizzazione, non è necessario che il lavoro altrui sia prestato nella forma del lavoro dipendente. In altre parole, in base a tale orientamento, anche l’impiego di collaboratori (o di un unico collaboratore) sarebbe idoneo a configurare l’esistenza di un’autonoma organizzazione.
In pratica, avvalersi del lavoro altrui (anche se per un tempo limitato e a fronte dell’erogazione di compensi non elevati, purché corrisposti non occasionalmente) costituisce sempre indice di autonoma organizzazione (Cass. 17 settembre 2009 n. 20001).
In ogni caso, particolarmente significativa appare la circostanza che, nei motivi della decisione in commento, gli stessi giudici di legittimità ammettano la sussistenza di un
orientamento contrario, più favorevole al contribuente, certificando così l’incertezza che regna all’interno dello stesso organo giudicante.
Tale filone interpretativo, meno restrittivo, è quello che fa capo alla sentenza n. 22020, depositata il 25 settembre 2013, secondo la quale l’automatica sottoposizione ad IRAP del contribuente che dispone di un dipendente (a prescindere dalla natura del rapporto e delle mansioni esercitate) vanificherebbe il principio secondo cui il giudice deve accertare in concreto se la struttura organizzativa costituisce un elemento potenziale ed aggiuntivo ai fini della produzione del reddito.
Il dipendente non sempre accresce la capacità produttiva
In altri termini, vi sono ipotesi nelle quali la disponibilità di un dipendente (magari part time o con funzioni meramente esecutive) non accresce la capacità produttiva del professionista e non costituisce un fattore “impersonale ed aggiuntivo” alla produttività di quest’ultimo, bensì una semplice “comodità”. Pertanto, nel caso di specie, i supremi giudici hanno escluso che il dipendente part time abbia potenziato la capacità produttiva del professionista (un medico), che è stato quindi giudicato escluso da IRAP.
Orientamento che, nonostante sia definito “isolato” dalla pronuncia che qui si commenta, si rinviene nuovamente nella sentenza n. 4111 del 20 febbraio 2014, nella quale si legge che “l’esborso per lavoro dipendente” non è, di per sé, condizione sufficiente per integrare il presupposto impositivo IRAP.
Questo, a ulteriore conferma che il legislatore delegato deve fare presto.
Luca FORNERO – Euteknet
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