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Lettera di un nostro iscritto: al tempo del Coronavirus

Sono un medico di Medicina Generale che da decenni lavora in Molise. Alcuni giorni fa ho fatto ricoverare in Ospedale un mio paziente, al quale è stato praticato il test diagnostico per Coronavirus; in attesa del suo esito, come il buon senso e la deontologia impongono, mi sono attivato comunicando il mio coinvolgimento a chi di dovere, mi sono posto volontariamente in isolamento con la famiglia, ho chiuso e bonificato lo studio, trovato un sostituto presso un altro studio, contattato e imposto l’isolamento a tutti i pazienti e alle persone con cui avevo avuto contatti dopo la visita del paziente a domicilio.
Nessuno degli organi preposti mi ha comunicato l’esito negativo del test, che ho saputo solo attivandomi di persona, né mai le generalità e i dati dei miei pazienti in isolamento domiciliare. Questo mi fa star male, più del fatto di essere stato dotato di una sola mascherina per affrontare l’epidemia in corso.
Non mi sono mai sentito così solo, neanche quando ero in prima linea a combattere il colera ad Haiti, durante la guerra in Iraq, mentre soccorrevo la popolazione in Sud Sudan e in tante altre occasioni.
Non vuol essere una sterile polemica, specie in un momento di difficoltà, in cui molti stanno facendo la loro parte, ma uno stimolo per affinare quella sensibilità necessaria per affrontare e coordinare l’emergenza del momento.
Il soldato ha il dovere di andare in guerra, ma senza fucile sicuramente soccomberà.
Dottor Giuseppe Berardi

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