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XXXVI° Congresso Nazionale: la posizione dello SNAMI

Sì a firmare un accordo nazionale per la medicina generale al più presto. Oltre agli aumenti attesi dovrà contenere i criteri con cui le regioni si regoleranno per gestire l’attività dei medici di famiglia e continuità assistenziale. Niente fughe in avanti, niente autoritarismi ma un’attività che si combina diversamente a seconda dei contesti, rurale o metropolitano. È il messaggio che giunge dal 36° Congresso Snami a Riva del Garda. Il sindacato dei medici di famiglia guidato da Angelo Testa prende atto che – comunque vada- la nuova convenzione scaturirà dalla legge Balduzzi, da sempre considerata poco realistica per la medicina del territorio; a questo punto – recita la mozione dei delegati – firmare dovrà voler dire “adeguare le competenze economiche dei medici di famiglia alla sentenza 178/15 della Consulta” che ordina allo Stato di sbloccare i contratti ed erogare gli aumenti. Testa chiede un accordo che non stravolga l’attuale e tenga conto della progressiva ma disuguale dimensione dei medici da una regione all’altra.
«Il ruolo unico -dice- deve permettere il sostentamento del sistema e non lasciare dubbi che permettano tensioni nella categoria. Sì al pagamento per obiettivi dei medici (quota massima 30% della busta paga, ndr) ma solo se negoziati e condivisi con i sindacati, altrimenti si tratterebbe di tagli e non li accetteremo». Il presidente Snami poi si sofferma sulla parte normativa e sulla carenza di medici; il centro studi del Sindacato evidenzia come di qui al 2026, considerando pensionabili tutti coloro che abbiano raggiunto i 68 anni e tenendo fermo il numero di nuovi ingressi al tirocinio ai 1034 del 2016, si genererà un vuoto di 28 mila medici di famiglia. Sarà dunque andato via il 60% degli attuali effettivi. La mozione finale chiede di prevedere più borse di studio già nell’accordo nazionale che si va a firmare. Con il calo demografico non sarebbe possibile né fare la nuova medicina di iniziativa sui cronici, che sono comunque i pazienti “elettivi” del medico di famiglia, né mantenere gli attuali 46,7 milioni di visite in studio e 40 milioni di accessi a domicilio. Il problema dello spopolamento è diverso da regione a regione, «le differenze numeriche tra professionisti in campo -dice Testa – vanno affrontate con modelli diversi che però vanno previsti nell’Accordo nazionale». Testa nega che i ricorsi impropri al Ps siano imputabili a disfunzioni della medicina territoriale, ma -osservando un sovrafinanziamento persistente dell’ospedale- li attribuisce al fatto che solo in tre regioni si fa rispettare l’obbligo per i pazienti meno gravi, i “codici bianchi” di pagare il ticket: Veneto, Lombardia, Emilia Romagna. Gli altri diventano codici verdi, e non deve succedere. La mozione finale invita l’Esecutivo a spendersi per un contratto dell’emergenza che riconosca due diverse specificità, territoriale e ospedaliera, di questi medici, e dia nuova dignità a queste figure; altre deleghe per la sicurezza nelle sedi di guardia medica; per una rappresentanza Snami in Enpam, anche di vertice, a tutela non solo degli iscritti ma di tutta la categoria; e per la tutela in trattativa con Sisac di autonomia professionale e tutela del rapporto fiduciario con il paziente.

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