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Modificato il08/05/2014

IRAP Professionisti, “cortocircuito” della Cassazione sull’impiego del personale

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97Il professionista che si avvale di un dipendente, oppure di un collaboratore non occasionale, è tenuto al versamento dell’IRAP. È quanto ha sostenuto la Corte di Cassazione – Sezione Tributaria nella sentenza n. 9790/14, pubblicata ieri.

 

 

 La sentenza dimostra, una volta di piu’, la necessità che sull’assoggettabilità IRAP dei professionisti intervengano al piu’ presto i decreti attuativi della legge 23/2014( Delega per la riforma fiscale).



La vicenda. La controversia ha riguardato un consulente aziendale che ha impugnato il silenzio rifiuto-rifiuto dell’Agenzia delle Entrate sull’istanza di rimborso delle somme versate a titolo di IRAP per gli anni 2003-2004. 
Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione finanziaria ha rilevato che l’istante si era avvalso di prestazioni di lavoro continuative da parte di terzi per entrambi gli anni d’imposta. Tale assunto ha fatto breccia presso i giudici di primo grado, che difatti hanno respinto il ricorso del contribuente avendo riscontrato la sussistenza di indici di stabile organizzazione, tra i quali, appunto, l’utilizzo di lavoro altrui in modo continuativo. 
Di diverso avviso la CTR di Milano, la quale ha riformato la decisione di prime cure motivando nel senso che la natura di lavoro dipendente o autonomo delle collaborazioni esterne cui aveva fatto ricorso il contribuente non era di per sé dato decisivo ai fini della decisione in merito alla sussistenza dell’autonoma organizzazione, che costituisce “presupposto e base di commisurazione dell’imposta, dovendo farsi luogo ad una valutazione complessiva di tutti i fattori impiegati dal professionista”. A questo punto il giudizio è proseguito in Cassazione in virtù dell’atto di gravame presentato dal Fisco. 

Le osservazioni della SC. Ebbene, la Cassazione ha ribaltato le sorti del giudizio, rinviando alla CTR meneghina per nuovo esame. 
A giudizio degli Ermellini, l’impiego non occasionale di lavoro altrui deve ritenersi di per sé integrativo del requisito dell’autonoma organizzazione, non rilevando che la struttura posta a sostegno e potenziamento dell’attività professionale del contribuente sia fornita da personale dipendente o da un terzo in base a un contratto di collaborazione (cfr. Cass. n. 10151/2010). 
Quando ricorra l’impiego non occasionale di lavoro altrui, non può quindi esservi dubbio sul fatto che si sia in presenza di “una struttura organizzativa avente rilevanza esterna e che richiede un’attività di coordinamento dei diversi fattori produttivi da parte del professionista, sì da assorbire e rendere superfluo la valutazione complessiva degli altri fattori e del v
alore dei beni strumentali complessivamente impiegati”
.


La sentenza di secondo grado ha dunque affermato, erroneamente, l’irrilevanza, ai fini della valutazione del requisito dell’autonoma organizzazione, dell’eventuale apporto di lavoro dipendente o di collaborazioni continuative esterne nell’attività del professionista. 

La CTR dovrà quindi rivedere la propria posizione sul punto e accertare se il contribuente si sia avvalso o no in modo non occasionale della prestazione lavorativa di terzi.

 

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